Si trascrive di seguito l’ordinanza emessa in data 9 maggio 2017 in una causa di separazione giudiziale dalla dott.ssa Marcella Frangipane, giudice del Tribunale di Pavia, la quale, se da una parte ha dovuto prendere atto del tentativo (a quanto pare non riuscito) dei coniugi litiganti di “piegare” la mediazione ai propri scopi, dall’altro ha delineato con estrema chiarezza cosa è la mediazione familiare e cosa ci si può aspettare da essa, cosa non è e cosa non ci si deve aspettare.
È particolarmente significativo il passaggio in cui viene chiesta al mediatore familiare una “brevissima relazione” in cui sia indicato: a) se la mediazione continua o meno; b) con quante sedute; c) se la mediazione possa essere proficua per il fine effettivo che si prefigge.
“Deve darsi atto che, secondo quanto emerso in udienza, purtroppo i coniugi hanno male inteso il senso del percorso di mediazione, che non è stato visto, come avrebbe dovuto essere, come occasione per migliorare le loro capacità di comunicare e di ricercare soluzioni utili nell’interesse dei figli, bensì come tentativo di ottenere dalla mediatrice lo schieramento a favore di uno o dell’altro con riguardo a specifici temi. Invero in udienza i due coniugi hanno voluto sottolineare i momenti in cui la mediatrice ha dato ragione a ognuno di loro, mentre sono risultati del tutto incapaci di dialogare per cercare soluzioni rispetto alle questioni ancora controverse: ognuno parlava senza minimamente ascoltare l’altro e comprendere cosa avesse da dire; i due coniugi perdevano di vista l’oggetto del contendere pur di contraddire la controparte, arrivavano a fare affermazioni contrapposte anche su dati oggettivi (chi avesse trascorso con i figli il fine-settimana precedente la Pasqua) pur di sostenere acriticamente la propria posizione; continuavano a recriminare sul passato invece di proporre soluzioni utili per il futuro. È risultato inoltre che, pur in corso di mediazione, la madre ha preso una decisione sul campus estivo per IX. senza consultare il padre e, invece di parlare con quest’ultimo sull’opportunità o meno di tale soggiorno ed eventualmente organizzare le settimane di permanenza della minore con il padre alla luce di tale decisione, ha chiesto alla figlia di sottoporre direttamente al padre la proposta del campus. Per contro il padre pare aver organizzato le ferie in montagna con i figli senza concordare il periodo con la madre e senza neppure avvisare quest’ultima prima di affittare l’appartamento in cui conta di soggiornare. Tali comportamenti non sono in linea con l’esercizio dell’affido condiviso e alimentano le dinamiche perverse che esistono tra i due genitori sin dal momento della separazione (dinamiche ben evidenti dai procedimenti penali, dai procedimenti civili, dai messaggi scambiati), con possibili gravi conseguenze sulla crescita dei figli. Per i motivi che precedono deve essere richiesto alla mediatrice di redigere una brevissima relazione nella quale sia indicato esclusivamente se la mediazione continui o meno, con quante sedute, senza alcun riferimento ai contenuti delle sedute stesse, e sia indicato se la mediazione possa essere proficua per il fine effettivo che si prefigge, che non è quello di risolvere singoli problemi, bensì quello di migliorare le capacità di comunicazione tra i genitori, di far capire loro quali sono i metodi per cercare soluzioni utili nell’interesse dei figli e quali debbano essere i comportamenti responsabili da adottare a tal fine. Qualora la mediazione s’interrompa o non si prospetti come utile, nella fase successiva del giudizio dovrà essere valutata l’opportunità di una consulenza tecnica d’ufficio per valutare non tanto, come chiesto da parte attrice, la miglior collocazione abitativa dei figli (che al momento non pare corretto mutare), quanto le capacità genitoriali e lo stato psicologico dei minori, al fine di eventuali indicazioni o provvedimenti specifici (es. psicoterapia individuale per i genitori o per i minori).
Quali informazioni possono aspettarsi i giudici dal mediatore familiare?